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James Mangold (2023) 154 minuti - info
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Indiana Jones e il quadrante del destino

Pare strano recensire un film come “Indiana Jones e il quadrante del destino” in un inserto di un settimanale diocesano. Molti potrebbero aspettarsi film di una certa profondità di campo, di spiritualità… come abbiamo già fatto altre volte.

Eppure chi scrive è convinto che lo Spirito parli in tanti modi agli uomini, a volte usando anche degli espedienti divertenti come, appunto, un film di avventura. 

Questo film, criticato per l’eccessiva semplicità di trama o la banale rincorsa al sequel, ha, secondo me, dei pregi non indifferenti se visto con la semplice voglia di passare del tempo con i propri cari..

Film che parlano di anziani, di cambiamenti dovuti all’età, e di accettazione di questi cambiamenti, ce ne sono stati e con svariate letture dell’anzianità. Ricordiamo, per esempio “Una storia vera” di David Lynch oppure “Gli Spietati” di Clint Eastwood, o (e non di scarso valore) per i più piccoli “Cars 3”, un film Disney che simpaticamente sembra avere un’assonanza con “Indiana Jones e il quadrante del destino”.  

Il film mette in scena un Harrison Ford anziano nei panni del più famoso archeologo del mondo ormai giunto alla pensione, stanco e deluso dalla vita e dalla fatica di trasmettere interesse e entusiasmo per gli studi archeologici e storici ai giovani studenti universitari degli anni 70. … 

In questo ultimo film, il dato inequivocabile è la stagione della terza età di Indiana. La telecamera indugia sul vecchio Indiana: è arrivato il momento della pensione e il corpo non è più quello di una volta, e anche il suo cuore è denso di amarezza e ferite: si capisce che il figlio è morto in guerra (la bandiera americana piegata appoggiata su un piccolo tavolo) e la moglie non è più presente nella sua vita (la casa è disordinata e sciatta, quasi come lui, che si è addormentato sulla poltrona). Si vede l’evoluzione del protagonista fino all’età in cui le avventure spericolate iniziano a pesare, come pure i fardelli interiori, e, nel frattempo, il racconto è intriso di “easter eggs” e rimandi ad altri film. Anzitutto l’incipit del film ci presenta, ancora una volta, la corsa alla ricerca di preziosi reperti della Germania nazista, proprio come ne “L’ultima crociata” (ma anche ne “I predatori dell’arca perduta”), dove Harrison Ford condivideva la scena con Sean Connery, come molti ricordano. Ancora, quando Indy e la figlioccia Helena, anche lei archeologa, si addentrano nell’Orecchio di Dionisio a Siracusa sembra di essere di nuovo tra le mura del “Tempio maledetto”. Infine, la citazione ai “I predatori dell’arca perduta” si coglie nella ricerca del prezioso manufatto, il Quadrante di Archimede. Di sfondo c’è sempre quel legame con l’amata Marion (Karen Allen) che è visibile nell’atteggiamento quasi da sconfitto di Indiana Jones, che è profonda nostalgia: del tempo passato con la moglie, delle avventure vissute, del figlio morto... La nostalgia pervade il film, tanto che anche il film stesso sembra nostalgico di una stagione che ormai si sta concludendo. In realtà, però, il racconto fa evolvere i personaggi e si sforza di tracciare una rotta nitida di progressione temporale-narrativa, provando a restare coerente.

Questa linea nascosta del racconto, affascinante perché parla di un rapporto familiare, è dato dalla presenza (tangibile anche quando non appare in scena) di Karen Allen nel ruolo di Marion che, per la terza volta, recita accanto a Harrison Ford. E se sul volto di entrambi scorgiamo i segni del tempo trascorso, vediamo contemporaneamente una luminosità autentica, bella, che ci parla di un rapporto con il ciclo della vita abitato in modo sano. Non possiamo sottrarci al passare del tempo, ma possiamo scegliere se inseguire il mito dell’eterna giovinezza con comportamenti quasi adolescenziali oppure vivere questo tempo con consapevolezza. Non è un vivere di  ricordi che fanno restare ancorati al passato “perché si stava meglio”. Ma è un ricominciare, sempre, partendo da gesti semplici, che ci riportano alla prima conoscenza, ai primi gesti di tenerezza, che possono ancora commuovere, anche uno come Indiana Jones 
Speranza Fantastico Fedeltà
Paolo Moro