Film

Justin Baldoni. (2020) 121 minuti - info
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: Clouds

Da qualche mese mia figlia premeva per vedere un film che l’aveva molto colpita durante un incontro in parrocchia e, qualche sera fa, abbiamo “ceduto” alle sue richieste: armati di kleenex, ci siamo messi a guardare “Clouds”.
Il film, tratto da una storia vera e relativamente recente, narra l’ultimo anno di vita di Zac Sobiech, un ragazzo di 18 anni morto a maggio 2013 a causa di un sarcoma osseo, diventato famoso per la sua canzone “Clouds”, che dà il nome al film stesso. Si tratta della biografia realistica di questo cantautore, diventato famoso tramite Youtube, che ho apprezzato per l’accuratezza della narrazione senza romanzarla. Attraverso il film veniamo a conoscere le speranze, gli amori di Zac ma, soprattutto, il desiderio di non arrendersi mai, di non cedere alla tentazione di piangersi addosso e di fare di tutto per rendere felici gli altri.

Zac deve affrontare anche la sua prima e forte relazione con una ragazza, Amy. E quando scoprirà di essere un malato terminale ha il suo primo cedimento: la consapevolezza di non poter offrire un futuro, o di non averne uno per lui, lo atterrisce e fugge da lei. Ma Amy, personaggio importante nel film e nella vita di Zac, riesce ad affrontare anche per lui questo momento e non lo abbandona, pur non costringendolo.

Il film presenta la bellezza di una famiglia che, pur di fronte al dolore e alla sofferenza, cerca di andare avanti, di non lasciare nulla di intentato per Zac ma anche per i suoi fratelli. La madre prova in tutti i modi di trovare una cura, fino alla decisione di portare l’intera famiglia a Lourdes, “un luna park per cattolici” come lo definisce il fratello di Zac. Durante il volo di ritorno, Zac compone “Clouds”, la canzone che in breve tempo lo renderà famoso. Purtroppo, la malattia peggiora e Zac riesce a malapena a portare la sua ragazza al ballo scolastico dove, grazie all’organizzazione dei familiari e degli amici,  potrà esibirsi nel suo desiderato ultimo concerto.

Alcuni passaggi sono importanti per comprendere perché a mia figlia (e anche a noi) è piaciuto: la madre, senza incutere false speranze, durante un periodo difficile per Zac lo avvicina dicendo: “E’ spaventoso ma nessuno di noi ha la certezza del domani, però potrebbe essere un’occasione per te.  Dimenticare tante cose superficiali di cui la gente si preoccupa e puoi decidere cosa è più importante per te”. Altrettando importante il ruolo del professore di lettere che lo invita a non mollare: “Rinunciare non è un’opzione; dico solo che devi vedere le tue priorità. Tu hai qualcosa dentro e lo devi far sentire a tutti”. Alla fine del film la mamma di Zac, sistemando le carte del figlio ormai sepolto, trova l’ultimo compito di lettere del figlio e rimane colpita dalla forza e dalla consapevolezza che Zac esprime di voler far felici gli altri.
Mi ha lasciato perplesso l’episodio narrato con un po' di superficialità del viaggio a Lourdes: pur presentando l’esperienza come importante, soprattutto per la mamma, e pur descritto con scene che suscitano attesa e speranza, grazie alle scene rallentate, al canto religioso che le accompagna, ai dialoghi tra Zac, che si lascia condurre in questa esperienza, e suo fratello scettico, sembra quasi presentarsi come l’ennesimo tentativo a vuoto, della serie: “proviamole tutte”.  

Documentandomi su questo film ho scoperto che è tratto da un libro, purtroppo non tradotto in Italia: “Fly a Little Higher: How God Answered a Mom's Small Prayer in a Big Way” che, tradotto letteralmente, significa: “Vola un po' più in alto: come Dio ha risposto alla piccola preghiera di una mamma in grande stile”.

La mamma di Zac, autrice del libro, appare come una donna credente molto limpida, capace di pregare Dio e di lasciare andare suo figlio, come scrive nella prefazione del libro: “Ok, Signore, puoi averlo tu. Ma se deve morire, voglio che sia per qualcosa di grosso. Voglio che la vita di qualcuno sia cambiata per sempre”. Questo è ciò che ha pregato Laura Sobeich quando ha scoperto che suo figlio diciassettenne aveva solo un anno da vivere. Con questa preghiera, ha imparato a lasciare suo figlio alla volontà di Dio.

 Alla luce di queste informazioni il film stesso, e soprattutto l’esperienza del viaggio a Lourdes, acquista un sapore aggiuntivo e si comprende che il vero miracolo è stato quella forza con cui la famiglia ha affrontato unita la sofferenza e il coraggio di lasciare andare il figlio e di accogliere, senza rimpianti, ciò che la vita può donare.

Famiglia Speranza Fede
Paolo Moro