Film

Mattia Torre - Giuseppe Bonito (2020) 97 minuti - info
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Figli

“Figli” è un film recentissimo, di quest’anno. Soggetto e sceneggiatura sono di Mattia Torre, regista che è morto nel luglio del 2019, vinto dalla malattia all’età di soli 47 anni. Prende spunto dal suo monologo “I figli invecchiano”, recitato nel talk show “E poi c’è Cattelan” su Sky da Valerio Mastandrea, che vediamo nel film insieme a Paola Cortellesi.
Il lavoro è stato ultimato dal regista Giuseppe Bonito che, in una presentazione dell’opera, dice quanto segue: “Figli” è un film di Mattia Torre. Dico “un film di” e non semplicemente “un film scritto da” perché conoscevo bene Mattia e sapevo quanto vissuto ci fosse in questo copione. Il film è un distillato innanzitutto della sua vita ma, a mio avviso, trascende questa sfera privata per diventare lo specchio della vita di tutti noi”. Ed effettivamente anche a noi è proprio sembrato così.
La coppia protagonista, i quarantenni Nicola e Sara, è sposata da tempo, ha una figlia di sei anni, Anna, è “mediamente/normalmente felice” e la vita familiare scorre senza intoppi. Le cose cambiano quando nasce Pietro, il secondogenito. Procedendo a “capitoli”, con un’equilibrata e sapiente alternanza di situazioni comiche e momenti di riflessione, è la storia di due persone che si amano e che provano a reggere all’onda d’urto della genitorialità in un tempo caotico e in un Paese, l’Italia, che di certo non favorisce il “metter su famiglia” ma nemmeno “l’essere famiglia”.

È indubbiamente una pellicola che ha molto da dire, che offre moltissimi spunti (quasi troppi!) e che ben si presta a un confronto – anche informale – tra coppie di genitori perché ciascuno può riconoscere nel film una “scena già vista” e vissuta in casa propria. La vicenda ruota attorno alle evoluzioni che l’arrivo di un altro figlio comporta negli equilibri della vita familiare: in questa situazione, si sa, tutti gli schemi, le abitudini e l’ordinario quotidiano “saltano” per fare spazio all’imprevisto, al non programmato e al non programmabile, lasciando alla casualità la gestione delle incombenze giornaliere. Ma questa è la bellezza e la ricchezza che comporta il non vivere dentro a rigidi schemi e la libertà di potersi adattare alle esigenze che via via emergono, aiutandosi a riconoscere le priorità e le urgenze e a lasciare da parte ciò che, almeno in quel momento, non merita troppa attenzione. Il film sottolinea come siano fondamentali la cura dell’altro, il dialogo e il confronto costante, suggerendo l’importanza del ritagliarsi del tempo per la coppia e di imparare a chiedere aiuto quando si avverte la presenza di qualche scricchiolio. Nasce inoltre l’interrogativo sulla felicità, che la coppia protagonista sembra non vivere: possiamo allora chiedere a noi stessi quando siamo veramente felici e che come si traduca la parola “felicità” per noi e per la nostra famiglia.

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Paola e Daniele Piccolo