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Accogliere

“Io accolgo te”

Amoris Laetitia inizia aprendoci le porte di una casa: “Varchiamo dunque la soglia di questa casa serena, con la sua famiglia seduta intorno alla mensa festiva.”. Una soglia, una tavola, una relazione che ci parla di casa, di apertura, di abbracci e di accoglienza. Un’immagine che ci rimanda alla promessa che ci siamo scambiati il giorno del matrimonio: “Io accolgo te”. Ci siamo promessi reciprocamente di aprirci alla concreta realtà dell’altro per abbracciare tutto il mondo della persona reale che è lì davanti: la sua diversità, la sua storia, il suo carattere, la sua educazione, i suoi desideri, i suoi sogni. 

Anche se ci siamo scelti reciprocamente, tuttavia abbiamo sempre bisogno di accoglierci e di riscoprirci come dono l’un per l’altro. Chi accoglie veramente, dunque, non è soltanto un recettore passivo, fermo, statico, ma è soggetto di un cammino, di un atteggiamento di umiltà e di apertura.

Accogliere è “attendere e sentirsi attesi. Attendere, da latino “tendere verso”, significa emigrare dal mio ‘io’ e dirigermi verso un mondo nuovo che non mi appartiene, che non conosco e che non possiedo totalmente. L'attesa ci fa uscire da noi stessi verso l'altro. L’amore vive, se è proiettato al di fuori di sé stessi, e se è totalmente lanciato verso l’altro. “solo un povero sa attendere. Chi è già pieno di sé e dei suoi averi, non sa riporre la propria fiducia in nessun altro se non in sé stesso”.

Sentirsi attesi”, desiderati permette di affrontare fatiche che altrimenti non sfideresti mai. L'esperienza di sentirsi attesi da chi ci ama, ad esempio, mi fa comprendere il grande valore della persona che sono. Ci si sente accolti con uno sguardo, con un sorriso, con una parola gentile, con un gesto semplice. Ci fa sentire a casa, riconosciuti nella nostra unicità, ci fa sentire ascoltati, rispettati, apprezzati. Papa Francesco ci ricorda come “Nelle prove e nelle difficoltà “è importante imparare l’arte di attendere il Signore. Aspettarlo docilmente e fiduciosamente”.

Accogliere è “fare spazio e trovare spazio”. Accogliere è fare casa. È un invito a farsi casa, a farsi madri e padri. È in casa che facciamo esperienza di accoglienza. È in casa dove ti senti più libero e a tuo agio, dove sei te stesso. È in casa che si impara l’arte di amare. “Permesso” è una delle parole che Francesco suggerisce a noi sposi per scoprire la forza di custodire la casa, anche attraverso mille difficoltà e prove: “Ogni giorno, entrare nella vita dell’altro, anche quando fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. La confidenza, insomma, non autorizza a dare tutto per scontato. E l’amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l’altro apra la porta del suo cuore. … Chiedere permesso significa saper entrare con cortesia nella vita degli altri. Spesso i nostri amori sono un po’ pesanti, come quei scarponi di montagna che in genere lasciamo fuori della casa per non sporcarla dopo una camminata nella neve. L’amore vero sa chiedere tempo, spazio, ascolto, non si impone con durezza e aggressività. La cortesia conserva l’amore”.

Accogliere è “andare verso e fermarsi.L’amore inizia con l’accoglienza. Accogliere è una porta che si apre a colui che viene incontro. Una porta per ripartire, per ricominciare. Ma è anche un luogo dove ci si ferma per custodire la vita, la vita propria, la vita degli altri, la vita della Chiesa. Un custodire che lascia andare, lascia essere, che chiede aiuto, sa ringraziare, sa chiedere scusa, crea lo spazio dove si possa appoggiare la testa e il cuore. “Amare una persona è attendere da essa qualcosa di indefinibile, di imprevedibile; è al tempo stesso offrirle in qualche modo il mezzo per rispondere a questa attesa”.

Accogliere è un abbraccio. L'abbraccio è l'accesso a una relazione di reciprocità, desiderata e accolta. Cingere con le braccia significa aprirle per accogliere l'altro, e chiuderle per riceverlo realmente; riservare uno spazio all'altro nella propria intimità per abbandonarsi a lui. L’abbraccio è una delle manifestazioni concrete della tenerezza. “E la tenerezza è la cosa migliore per toccare ciò che è fragile in noi.

Amoris Laetitia ci aiuta a scrutare nella famiglia che accoglie una partecipazione attiva all’amore di Dio. Dio ci accoglie così come siamo per abbracciarci, per far sentire il Suo amore. Come un sasso gettato sull’acqua, che genera cerchi sulla superficie, così l’accogliere di una famiglia si allarga a cerchi concentrici da Cristo, al coniuge, ai figli, ai parenti, agli amici, ai colleghi, ai lontani, ai poveri, alla Chiesa. 

Papa Francesco invita tutti a fare come il padre misericordioso col figliol prodigo. “Non ti lascerà finire il tuo discorso, con un abbraccio ti farà tacere: l’abbraccio dell’amore di Dio”.

Gloria e Antonio Garofalo