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Camminare

PASSO DOPO PASSO

Mano nella mano, sempre e per tutta la vita” Così Papa Francesco tratteggia il cammino degli sposi.

Il matrimonio è un viaggio, un cammino segnato da tappe, salite e discese, mete e traguardi, passaggi e cambiamenti. In alcuni momenti, e in diversi contesti attorno a noi si parla del matrimonio come di “un peso da sopportare” piuttosto che un “cammino dinamico e di crescita” (AL 36).

Camminare è un’arte che si impara passo dopo passo, e diventa metafora della vita con i suoi passaggi a volte stretti e impervi. Camminare non è solo un simbolo, ma è effettivamente parte dell’esperienza del matrimonio. “Il matrimonio è, e resterà sempre, il viaggio di scoperta più importante che l’uomo potrà compiere” (Kierkegaard).

Amoris Laetitia invita ad assumere il matrimonio, potremo dire, come un “cammino di cammini”: cammino di crescita e di maturazione (AL 37-134-221); cammino di fede e di santità (AL 228-316); cammino di cambiamento e di vita (AL 163); cammino di cura e di perdono (AL 236 -240); cammino di accoglienza e di reciproca donazione (AL 47 – 89); cammino di fedeltà e di preghiera (AL 89-255-318); cammino sinodale e di amicizia (AL 50-126).

Tra i tanti spunti che offre Amoris Laetitia, prendiamo tre verbi che ci aiutano a riflettere sul nostro viaggio di coppia: INIZIARE; ORIENTARSI E INCONTRARE.

INIZIARE. Non importa dove siamo. Quanta o quale strada abbiamo fatto, l’importante è iniziare, partire.
Uscire dai nostri angoli, dai nostri perimetri. Mettersi in cammino non è scontato, e a volte, non è per niente semplice. Papa Francesco ci viene incontro e ci chiede di sognare, meglio di far parte del sogno di Dio (AL 321). L’amore è “il sogno di Dio” per noi. Sognare è vedere l’amore trasformarsi concretamente in gesti e parole. Un sogno che ci insegna ad iniziare, a fare il primo passo. Un sogno per tutti che spinge la vita e l’amore oltre. Oltre la quotidianità stanca e ripetitiva, oltre la paura di metterci in gioco, di impegnarci per e con gli altri. In questo sogno d’amore di Dio, nulla ci può impedire di iniziare e ricominciare “SEMPRE”, in ogni momento, il cammino.

ORIENTARSI. È un verbo che indica una direzione, e la parola porta in sé l’oriente, là dove nasce il sole. Orientarsi significa seguire la via della luce. Questa luce possiamo trovarla nell’inno alla carità del quarto capitolo di AL. Una luce che suggerisce “come” fare un passo alla volta, un “mappa” per orientarsi, per verificare la qualità del nostro amore e sperimentare il dono della grazia (AL 242). Non si tratta di un manuale di istruzioni, ma di riscoprire la luce dell’amore, di imparare ad “accettare che il matrimonio è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri, sempre nel cammino dell’amicizia, che spinge gli sposi a prendersi cura l’uno dell’altro: «prestandosi un mutuo aiuto e servizio» (AL 126). 

La strada, prim’ancora che essere un luogo geografico, è un atteggiamento interiore, una modalità di affrontare la vita. Una strada che unisce terra e cielo, che disegna un progetto comune e che percorre tutto il reale del nostro amore: tutti i nostri limiti, tutte le nostre fragilità, tutte le nostre imperfezioni, tutte le nostre forze, tutti i nostri affetti, tutta la nostra bellezza. Questo “tutto” non si può fermare ad alcuni momenti o alcune parti di noi, ma prende ogni cosa e si distende nel tempo (“PER TUTTA LA VITA”), e nel tempo si trasforma. Nel corso di tale cammino, l’amore celebra ogni passo e ogni nuova tappa (AL 163).

INCONTRARE. Del cammino non si comprende il senso profondo senza l’incontro con l’altro. Dove c’è incontro, c’è un cammino, un viaggio. Il viaggio inizia veramente solo quando si esce da se stessi, e l’andare si trasforma in un essere chiamati dall’altro. Un incontro di sguardi, di parole, di pensieri e di gesti. Lungo questa strada Cristo, ci viene incontro, e con noi cammina (AL 37). 

In questo senso, i piedi, hanno lo stesso valore incredibile delle mani che creano, di un cuore che pulsa, di un cervello che medita. Non ci servono soltanto per spostare il corpo, ma per sentire la terra, per essere concreti, per andare incontro. Parlano la lingua del cuore, che lascia riscoprire la nostra umanità. Con i piedi impariamo il passo dell’altro, e a camminargli accanto. Con delicatezza, i piedi permettono l’incontro con un volto, “un “tu” che riflette l’amore divino” (AL 12), e con tenerezza, di far crescere l’altro (AL 221). “MANO NELLA MANO”, grazie ai piccoli passi, il nostro camminare, così, “genera vincoli, coltiva legami, crea nuove reti d’integrazione, costruisce una solida trama sociale” (AL 100).

Lasciamo prenderci per mano, e continuiamo a camminare (AL 325).
Gloria e Antonio Garofalo