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Curare

«Scrivile, scemo!»
In questa rubrica ci accompagneranno per cinque mesi cinque parole che provano a coniugare Amoris Laetitia rispolverandola con verbi dal profumo famigliare. Saranno come cinque passetti che ci chiamano a verificare ed edificare la chiamata all’amore coniugale personalmente, in coppia, in famiglia. Procediamo allora con il primo passetto: curare. Il titolo, forse un po’ sgradevole e scomodo, è tratto da una allegra e orecchiabile canzonetta dei Pinguini Tattici Nucleari, quando i miei figli la sentono - talvolta testando la soglia di sopportazione alle vibrazioni dell’intera casa - ci immaginiamo sempre una goliardiaca combriccola di amici che invita insistentemente e scherzosamente un proprio compagno, chiamiamolo Adamo, a scrivere una lettera, un messaggio per dimostrare all’amata, Eva, il suo amore: «Scrivile, scemo, stanotte non dormi\ Tu chiamali sogni, ma sono ricordi». Il motivo è particolarmente brioso e spensierato, ma cela almeno tre interessanti e profonde sollecitazioni, che ben s’intonano con il nostro primo passo famigliare, curare.


La prima: Curare è dedicare risorse alla nostra vocazione matrimoniale. Adamo (un nome generico che rappresenta uno dei componenti della famiglia: padre, madre, figli, …), deve investire del tempo con coraggio e dedizione, empatia e fiducia, per scrivere ad Eva rendendo visibile il loro amore.
“Perciò i gesti che esprimono tale amore devono essere costantemente coltivati, senza avarizia, ricchi di parole generose. Nella famiglia «è necessario usare tre parole. Vorrei ripeterlo. Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave!” [AL 133] Io e Federica ci siamo accorti, in maniera più forte in questo ultimo anno, che sono necessari gesti concreti che rendano visibile l’amore, tra di noi, con i figli, con i nonni e parenti stretti è necessario regalare del tempo di qualità. Tendiamo ingenuamente a pensare che la famiglia “si mantenga da sola” e che “resti integra per sua natura”, ma non è così.

La seconda: Curare è scrivere un finale migliore.

Adamo viene invitato a scrivere il bene che è nella sua relazione, a mettere l’altro prima, a scrivere per l’altro un finale desiderabile.
“Nel matrimonio è bene avere cura della gioia dell’amore [...] “L’amore di amicizia si chiama “carità” quando si coglie e si apprezza “l’alto valore” che ha l’altro. La bellezza ci permette di gustare la sacralità della sua persona senza l’imperiosa necessità di possederla. Nella società dei consumi si impoverisce il senso estetico e così si spegne la gioia. Tutto esiste per essere comprato, posseduto e consumato; anche le persone. La tenerezza, invece, è una manifestazione di questo amore che si libera dal desiderio egoistico di possesso egoistico.” [AL 126, 127]
Anche qui, quante volte il nostro curare familiare è finalizzato ad un dovere, ad una necessità o ad una paura: con il coniuge, con i figli, con i parenti stretti “bisogna che andiamo a trovarli, altrimenti si arrabbiano”, “devo fargli delle coccole, altrimenti non mi ascolta”, “meglio che la aiuti, altrimenti non mi lascia uscire con voi”...

La terza: La comunità è il luogo in cui curarti e da curare.

Adamo, ascolta i suggerimenti del tuo clan! E non stancarti di andare alle partite di calcetto, alle cene, ai saggi, alle feste, ai colloqui, alle riunioni, alle sagre con loro.
“Oltre il piccolo cerchio formato dai coniugi e dai loro figli, vi è la famiglia allargata che non può essere ignorata. Infatti «l’amore tra l’uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata ed allargata, l’amore tra i membri della stessa famiglia - tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari - è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale e familiare». In tale ambito si inseriscono anche gli amici e le famiglie amiche, ed anche le comunità di famiglie che si sostengono a vicenda nelle difficoltà, nell’impegno sociale e nella fede.” [AL 196]
Quante occasioni di incontro locale, con le cerchie via via più larghe di parenti, amici e conoscenti. Quante occasioni per incontrare e condividere l’intima comunità di vita e di amore coniugale [GS 48]

Il papa ci ricorda che “Non basta una generica preoccupazione per la famiglia nei grandi progetti. Anche nei grandi progetti pastorali, non basta. Abbiamo bisogno di un nuovo slancio”[1]. Ogni famiglia ed ogni suo componente è come quel tale che scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti; sperimenta nel suo cammino - con più forza in questi giorni pandemici - disagi, preoccupazioni, problemi, delusioni, dolori, solitudine… Siamo esseri fragili e vulnerabili! Proprio questa vulnerabilità può essere occasione di guarigione e conversione, può essere vettore della vocazione alla prossimità a cui siamo chiamati, per “accogliere, ascoltare, accompagnare e discernere non con semplici e banali ricette, in questo non ci sono ricette, ma con uno sguardo sa davvero comprendere le situazioni”.[2]

Buon cammino Adamo ed Eva, sia da derubati che da samaritani. 

[1] “10 Video Amoris Laetitia”, Papa Francesco, Rilettura della Esortazione Apostolica con le riflessioni del Papa,
http://www.laityfamilylife.va/content/laityfamilylife/it/amoris-laetitia/iniziative-e-risorse/10-video-amoris-l aetitia.html, 29 novembre 2021
[2] Come sopra,
Federica e Dennis Milani