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Dentro il Mistero - L'albero della vita

Due alternative a confronto: controllare ogni aspetto della nostra esistenza oppure vivere da figli di un Padre che ci dona ogni cosa 

 
C'era una volta un giardino. Luminoso, fiorito, bellissimo. C'erano una volta una donna e un uomo: pieni di vita, felici, avevano tutto ciò che si può desiderare, a un passo da loro. C'era una volta un albero, dal nome famoso, e un altro ancora, dal nome famigerato, il cui frutto passerà alla storia come quello della perdizione.
Attenzione però: in mezzo all'Eden in verità c’era l'albero della vita. È il serpente, con l'astuzia di un esperto di marketing, a mettere sotto il riflettore la pianta proibita, quella della conoscenza del bene e del male, e nel fare questo manipola la percezione di Eva, che dice come del “frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”. Dunque ciò che era di poca importanza diventa centrale, ciò che serviva alla vita vera, invece, non viene neanche più considerato. Il resto è storia conosciuta.
Alcune coppie di sposi, al Carmelo, si sono recentemente lasciate guidare da questa parola, interrogandosi sui bivi che la vita mette loro di fronte. Attraverso le innumerevoli sfide possiamo sempre scegliere se tentare l'illusione del controllo, sforzandoci di tenere sulle spalle tutto, o se fidarci della vita, dell'Altro e degli altri che ci sono stati posti accanto.
Possiamo tentare il delirio di chi vuole controllare ogni aspetto della quotidianità, appesantendola all'inverosimile, oppure rinunciare al frutto della conoscenza del bene e del male, ed attingere all'albero della vita. Tanti possono essere gli esempi per chi vuole cercare di accogliere l'imprevisto in ogni sua forma: un figlio Down, un terzo figlio non preventivato, la rinuncia della carriera a tutti i costi, l'accogliere una proposta di aiuto, fare spazio a ciò che ci indispone e che non capiamo. In generale: ribellarsi alla paura e indagare sulla rabbia che nasce quando qualcosa va fuori controllo, sentimenti pronti a suggerirmi che qualcosa di minaccioso si sta avvicinando, per togliermi quel poco che ho.
Eppure essere felici, come i nostri progenitori nell'Eden, è tutta una questione di sguardo: abbandonare ciò che non è centrale e che non mi serve, per vivere osando. Aprire gli occhi su ciò che la vita, per mano del Creatore, mi dona ogni giorno. Fidarsi dell’altro che ho di fronte. Non pretendere di far quadrare tutto.
Respirare, non come esercizio fintamente ascetico o come moda orientaleggiante, ma sentire che mi basta esistere e lasciarmi amare per essere immerso nella vita.
Daniele Iori