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Dio ama la gioia dei suoi figli

Nel capitolo quarto, dopo aver parlato dell’amore del matrimonio e del sacramento del matrimonio, Amoris laetitia mette a tema altri aspetti dell’amore: le emozioni, la passione, l’eros. Il titolo generale dei paragrafi svela una particolare chiave di lettura con cui affrontare queste parte: “Dio ama la gioia dei suoi figli”. La posta in gioco, pertanto, è la gioia degli uomini e delle donne. 
Su questa linea, dopo aver parlato dell’importanza del mondo delle emozioni afferma che «la maturità giunge in una famiglia quando la vita emotiva dei suoi membri si trasforma in una sensibilità che non domina né oscura le grandi opzioni e i valori ma che asseconda la loro libertà, sorge da essa, la arricchisce, la abbellisce e la rende più armoniosa per il bene di tutti» (147). 
Riprendendo Benedetto XVI, papa Francesco ricorda che, sebbene nel Cristianesimo ci siano state «esagerazioni o ascetismi deviati», «l’insegnamento ufficiale della Chiesa non ha rifiutato l’eros come tale, ma ha dichiarato guerra al suo stravolgimento distruttore». Anche San Giovanni Paolo II, ricorda il testo, «ha respinto l’idea che l’insegnamento della Chiesa porti a una negazione del valore del sesso umano o che semplicemente lo tolleri per la necessità stessa della procreazione» (150). Lo sguardo verso l’eros, la passione e il piacere non è uno sguardo negativo: ciò che fa problema è la loro assolutizzazione: «l’eccesso, la mancanza di controllo, l’ossessione per un solo tipo di piaceri, finiscono per debilitare e far ammalare lo stesso piacere, e danneggiano la vita della famiglia» (148).
Mentre mette in guardia da questi rischi, l’esortazione afferma con forza l’importanza di vivere «istanti di intensa gioia», da collegare con «altri momenti di generosa dedizione, di speranza paziente, di inevitabile stanchezza, di sforzo per un ideale». L’espressione “istanti di intensa gioia” è un delicato riferimento alla «vita sessuale dei coniugi. Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature» (150).
In linea con la tradizione precedente, viene ribadito che «in nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia» (151). Si tratta, invece, di un «dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi», di una «piena e limpidissima affermazione d’amore», capace di mostrarci «di quali meraviglie è capace il cuore umano» e di farci percepire «così per un momento che l’esistenza umana è stata un successo».



Don Francesco Pesce