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Educare in famiglia - 11

269. La correzione è uno stimolo quando al tempo stesso si apprezzano e si riconoscono gli sforzi e quando il figlio scopre che i suoi genitori mantengono viva una paziente fiducia. Un bambino corretto con amore si sente considerato, percepisce che è qualcuno, avverte che i suoi genitori riconoscono le sue potenzialità. Questo non richiede che i genitori siano immacolati, ma che sappiano riconoscere con umiltà i propri limiti e mostrino il loro personale sforzo di essere migliori. Ma una testimonianza di cui i figli hanno bisogno da parte dei genitori è che non si lascino trasportare dall’ira. Il figlio che commette una cattiva azione, deve essere corretto, ma mai come un nemico o come uno su cui si scarica la propria aggressività. Inoltre un adulto deve riconoscere che alcune azioni cattive sono legate alle fragilità e ai limiti propri dell’età. Per questo sarebbe nocivo un atteggiamento costantemente sanzionatorio, che non aiuterebbe a percepire la differente gravità delle azioni e provocherebbe scoraggiamento e irritazione: «Padri, non esasperate i vostri figli» (Ef 6,4; cfr Col 3,21).



Nel n. 269 di Amoris laetitia continua la riflessione sul valore della sanzione come stimolo. Solo a certe condizioni, sostiene papa Francesco, la correzione aiuta a crescere; a patto cioè che il figlio sia contestualmente apprezzato, riconosciuto e mantenendo viva la fiducia. Soffermiamoci sulla questione del riconoscimento.  Per riconoscere il figlio come dono, nelle sue qualità e nei suoi limiti, è importante che i genitori “sappiano riconoscere con umiltà i propri limiti e mostrino il loro personale sforzo di essere migliori”. Fare i conti con i propri limiti non è però un cammino che si fa da soli. Si fa insieme, camminando come uomo e donna, come sposo e sposa, come padre e madre. Identità personale, coniugale, genitoriale si nutrono a vicenda. È nel contesto di una relazione d’amore (nella quale mi sento riconosciuto/a) che io sono in grado di riconoscere sempre meglio i miei limiti. Ecco che il riconoscimento dell’altro/a e di sé nella relazione coniugale (che chiede in primo luogo ascolto profondo e accoglienza) ci rende sempre più capaci di riconoscere i nostri figli attraverso una testimonianza allo stesso tempo accogliente e autorevole. Al di fuori di questo contesto la sanzione rischia solo di esasperare i figli (cfr. Ef 6,4). Le relazioni d’amore coniugale e genitoriale si fondano e si nutrono nella relazione d’amore con Gesù. Ce lo ricorda anche l’episodio di Emmaus (Lc 24, 13) che abbiamo meditato in questi giorni: è l’accoglienza, la pazienza e la fermezza di Gesù che permette ai due discepoli di riconoscerlo e, di conseguenza, di riconoscere e testimoniare il desiderio che ardeva nel loro cuore.
Andrea Pozzobon e Daniela Bruniera