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Educare in famiglia - 13

271. L’educazione morale implica chiedere a un bambino o a un giovane solo quelle cose che non rappresentino per lui un sacrificio sproporzionato, esigere solo quella dose di sforzo che non provochi risentimento o azioni puramente forzate. Il percorso ordinario è proporre piccoli passi che possano essere compresi, accettati e apprezzati, e comportino una rinuncia proporzionata. Diversamente, per chiedere troppo, non si ottiene nulla. La persona, appena potrà liberarsi dell’autorità, probabilmente smetterà di agire bene.




Con il n. 271 di Amoris laetitia papa Francesco apre un nuovo paragrafo che chiama Paziente realismo (nell’educazione morale). Innanzitutto concentriamoci sulla questione del realismo. Educare al bene chiede innanzitutto di riconoscere l’altro (nel nostro caso il figlio/la figlia) per quello che è, e non per quello che vorremmo che fosse. Ciò significa che le nostre richieste e le nostre attese devono essere proporzionate alla sua situazione, alle sue capacità, alla sua fase di vita, senza pretendere sacrifici inutili agli occhi dei nostri figli.  Richiedere sforzi inutili, ci dice papa Francesco, produce solo risentimento. Occorre dunque superare la logica del sacrificio, che vede nella rinuncia il fine della vita, per passare ad un’educazione che accompagna ad una pratica del dono, alla responsabilità (verso di sé e verso l’altro), all’impegno e alla fatica volte a raggiungere un obiettivo, all’attesa per il raggiungimento di un bene concreto e più grande.
Papa Francesco ci dice anche che il realismo dev’essere paziente. Che significato dare a questo termine in educazione? San Paolo ci dice che l’amore (la carità) è paziente. La pazienza non è, in questo senso, semplice sopportazione o tolleranza. È la capacità di accogliere il figlio (ma anche la moglie o il marito) per quello che è, senza pretendere che sia come lo vogliamo noi (cioè ideale e non reale). Essere pazienti significa allora dare la possibilità al figlio di essere se stesso, camminandogli accanto, sostenendolo e, quando serve, correggendolo, nel suo cammino di crescita. Essere pazienti significa quindi anche mettere in conto che il nostro amore si esprimerà anche nell’accoglienza e nella rielaborazione degli inevitabili tradimenti e delusioni che vivremo (in coppia e nei confronti dei figli).
Ecco allora che il paziente realismo è fatto di piccoli passi, di proposte espresse, ascoltate, comprese e accolte. Di rinunce che hanno un senso in vista di un obiettivo realistico e “a portata”, volte a consolidare un’intelligenza emotiva. Attese troppo esigenti, aspettative poco fondate, richieste sproporzionate producono solo fraintendimenti, fughe, conflittualità distruttive. Vi suggeriamo in proposito la lettura di un romanzo, Tre piani di Eshkol Nevo, che abbiamo trovato molto bello e interessante in riferimento alle relazioni familiari; in particolare il racconto del terzo e ultimo “piano” dà luce alla questione che abbiamo qui affrontato.
Andrea Pozzobon e Daniela Bruniera