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Educare in famiglia - 15

273. Quando si propongono i valori, bisogna procedere a poco a poco, progredire in modi diversi a seconda dell’età e delle possibilità concrete delle persone, senza pretendere di applicare metodologie rigide e immutabili. I contributi preziosi della psicologia e delle scienze dell’educazione mostrano che occorre un processo graduale nell’acquisizione di cambiamenti di comportamento, ma anche che la libertà ha bisogno di essere incanalata e stimolata, perché abbandonata a sé stessa non può garantire la propria maturazione. La libertà situata, reale, è limitata e condizionata. Non è una pura capacità di scegliere il bene con totale spontaneità. Non sempre si distingue adeguatamente tra atto “volontario” e atto “libero”. Qualcuno può volere qualcosa di malvagio con una grande forza di volontà, ma a causa di una passione irresistibile o di una cattiva educazione. In tal caso, la sua decisione è fortemente volontaria, non contraddice l’inclinazione del suo volere, ma non è libera, perché le risulta quasi impossibile non scegliere quel male. È ciò che accade con un dipendente compulsivo dalla droga. Quando la desidera lo fa con tutte le sue forze, ma è talmente condizionato che per il momento non è capace di prendere una decisione diversa. Pertanto la sua decisione è volontaria, ma non libera. Non ha senso “lasciare che scelga con libertà”, poiché di fatto non può scegliere, ed esporlo alla droga non fa altro che aumentare la dipendenza. Ha bisogno dell’aiuto degli altri e di un percorso educativo.
 
Al numero 273 di Amoris Laetitia papa Francesco torna sul tema della libertà e dell’educazione alla libertà. In particolare precisa la distinzione tra atto “volontario” e atto “libero”; molte volte infatti le decisioni sono volontarie, ma non per questo sono libere. Cosa significa dunque essere liberi ed educare alla libertà? È necessario andare oltre all’idea di libertà intesa come “fare ciò che mi va”; certo, liberarsi da alcune incombenze ci fa sentire bene; ma è una sensazione momentanea, che ci chiede di esplorare cosa significhi essere liberi davvero. Nel capitolo 8 del Vangelo di Giovanni, Gesù dice ai suoi discepoli: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi […] Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero”. Quindi è dimorare nella verità, cioè rimanere nell’amore di Cristo, che ci farà liberi. Quel “ci farà” sta ad indicare che la libertà non è una cosa che abbiamo o non abbiamo, ma è un cammino. E nessuno di noi cammina da solo, soprattutto quando è in fase di crescita ed ha bisogno di un particolare aiuto. Sono quindi le relazioni d’amore che, nel tempo, ci rendono capaci di essere liberi, cioè che ci rendono liberi non solo di scegliere, ma di scegliere il bene. La capacità di esercitare tale libertà non nasce già matura, va educata. L’educazione è cioè quel processo che permette di passare dalla libertà come diritto (libertà da) alla libertà come scelta per l’altro, per il bene, grazie al riconoscimento del dono della libertà. In questo senso non c’è libertà senza autorità. La libertà non matura da sola, cresce solo nel legame; ha bisogno di un legame con l’autorità (il padre misericordioso della parabola) nel suo significato etimologico di auctoritas, che significa far crescere, accompagnare, sostenere, essere al servizio di. Un’autorità che ci chiede sempre, come padri e madri e come educatori, di agire insieme l’accoglienza e il limite, il prendersi cura e la distinzione tra ciò che è bene e ciò che non lo è, l’intimità e l’autonomia. È vivere le relazioni d’amore che ci rende liberi. 
Andrea Pozzobon e Daniela Bruniera