Article

Leggi gli altri articoli
Leggi gli altri articoli

Educare in famiglia - 17

275. Nell’epoca attuale, in cui regnano l’ansietà e la fretta tecnologica, compito importantissimo delle famiglie è educare alla capacità di attendere. Non si tratta di proibire ai ragazzi di giocare con i dispositivi elettronici, ma di trovare il modo di generare in loro la capacità di differenziare le diverse logiche e di non applicare la velocità digitale a ogni ambito della vita. Rimandare non è negare il desiderio, ma differire la sua soddisfazione. Quando i bambini o gli adolescenti non sono educati ad accettare che alcune cose devono aspettare, diventano prepotenti, sottomettono tutto alla soddisfazione delle proprie necessità immediate e crescono con il vizio del “tutto e subito”. Questo è un grande inganno che non favorisce la libertà, ma la intossica. Invece, quando si educa ad imparare a posporre alcune cose e ad aspettare il momento adatto, si insegna che cosa significa essere padrone di sé stesso, autonomo davanti ai propri impulsi. Così, quando il bambino sperimenta che può farsi carico di sé stesso, arricchisce la propria autostima. Al tempo stesso, questo gli insegna a rispettare la libertà degli altri. Naturalmente ciò non significa pretendere dai bambini che agiscano come adulti, ma nemmeno bisogna disprezzare la loro capacità di crescere nella maturazione di una libertà responsabile. In una famiglia sana, questo apprendistato si attua in maniera ordinaria attraverso le esigenze della convivenza.



Al n° 275 di Amoris laetitia papa Francesco sembra darci una lezione su quella che le scienze umane chiamano intelligenza emotiva. Nello specifico Francesco sottolinea l’importanza di educare “alla capacità di attendere”, alla capacità di differire la soddisfazione del desiderio, ad “accettare che alcune cose devono aspettare”, “ad imparare a posporre alcune cose e ad aspettare il momento adatto”. La famiglia è il principale luogo di apprendimento dell’intelligenza emotiva. Nella vita di tutti i giorni (non solo quella dei nostri figli) in fondo tutto ciò ha a che fare con l’importanza che, nel porsi degli obiettivi, riusciamo a comprendere che per il loro raggiungimento è necessario educarci a superare gli ostacoli che ci stanno di fronte, ad attendere il tempo necessario, ad affrontare e sopportare le fatiche che ciò comporta, a lottare con le frustrazioni che a volte viviamo, senza lasciarci sopraffare da esse. Oltre a rafforzare il carattere, ciò aiuta noi e i nostri figli a vivere una reale libertà responsabile e a rispettare la libertà degli altri. Si tratta di un cammino lento di maturazione che inizia fin dalla tenera età: dal riuscire a limitare il godimento del gusto (non posso mangiare tutta la cioccolata che vorrei), al vivere la gioia dell’abbraccio della mamma o del papà sopportando l’attesa che ciò comporta; dal comprendere che vivere la soddisfazione di un bel voto a scuola chiede la fatica (a volte insopportabile) della costanza nello studio, al fare esperienza che le relazioni di amicizia e di amore non vanno consumate, ma vissute e rispettate secondo tappe di progressiva conoscenza che chiedono pazienza, attesa, accoglienza delle difficoltà, rischio del dono, più che sicurezza dello scambio.
Ecco allora che come genitori, più che essere preoccupati di non far vivere troppe sofferenze ai nostri figli, dovremmo accogliere la fatica (e dedicare il tempo) che chiede accompagnarli e sostenerli nella fatica, nelle attese, del rinvio del godimento per scoprire, un po’ alla volta, l’autentico desiderio (cioè la vocazione) al quale il Signore li (e ci) chiama.
Andrea Pozzobon e Daniela Bruniera