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Educare in famiglia - 28

286. Non si può nemmeno ignorare che nella configurazione del proprio modo di essere, femminile o maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi relativi al temperamento, alla storia familiare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione ricevuta, alle influenze di amici, familiari e persone ammirate, e ad altre circostanze concrete che esigono uno sforzo di adattamento. È vero che non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare. Però è anche vero che il maschile e il femminile non sono qualcosa di rigido. Perciò è possibile, ad esempio, che il modo di essere maschile del marito possa adattarsi con flessibilità alla condizione lavorativa della moglie. Farsi carico di compiti domestici o di alcuni aspetti della crescita dei figli non lo rendono meno maschile, né significano un fallimento, un cedimento o una vergogna. Bisogna aiutare i bambini ad accettare come normali questi sani “interscambi”, che non tolgono alcuna dignità alla figura paterna. La rigidità diventa una esagerazione del maschile o del femminile, e non educa i bambini e i giovani alla reciprocità incarnata nelle condizioni reali del matrimonio. Questa rigidità, a sua volta, può impedire lo sviluppo delle capacità di ciascuno, fino al punto di arrivare a considerare come poco maschile dedicarsi all’arte o alla danza e poco femminile svolgere un incarico di guida. Questo, grazie a Dio, è cambiato, ma in alcuni luoghi certe concezioni inadeguate continuano a condizionare la legittima libertà e a mutilare l’autentico sviluppo dell’identità concreta dei figli e delle loro potenzialità.
 
Con il numero 286, che chiude la sezione sull’educazione sessuale, papa Francesco affronta il nucleo “caldo” della questione che ha infiammato in questi ultimi anni le discussioni intorno alle teorie del “gender”. Pur sinteticamente, le contrapposizioni sulla configurazione dell’identità sessuata si concentrano, in ultima istanza, sul pensarla esclusivamente come esperienza culturale (il culturalismo delle varie teorie “gender”) o, viceversa, come dato esclusivamente naturale (l’essenzialismo che ci renderebbe non molto differenti dagli animali). Papa Francesco afferma che il cammino di formazione “del proprio modo di essere, femminile o maschile”, è una continua relazione tra fattori biologici e esperienze relazionali e culturali. Come direbbe Romano Guardini, natura e cultura sono un’opposizione polare e non una contraddizione. Niente nella nostra identità è solo naturale o solo culturale. Ciò dovrebbe farci prendere consapevolezza che il nostro corpo e la sua conformazione sessuata (maschile o femminile) è sempre un dato da cui partire che dà forma alla nostra fisicità, alla nostra psiche e anche alla nostra spiritualità. Allo stesso tempo il nostro essere maschi o femmine prende forma sempre all’interno di specifiche relazioni (in primo luogo familiari) e in un preciso contesto culturale. La differenza tra maschile e femminile (e quindi poi tra paterno e materno) ha quindi un significato simbolico che non è riducibile a ipotetiche qualità (non esistono infatti qualità che caratterizzano solo i maschi o solo le femmine) o a differenti funzioni o ruoli. Ogni irrigidimento in questo senso, ci suggerisce papa Francesco, è inadeguato e educativamente fuorviante. È importante, invece, nella reciprocità tra maschi e femmine e tra padri e madri, vivere in pienezza le dimensioni fondamentali del maschile e del femminile e del paterno e materno per divenire sempre più uomini e sempre più donne (AL 221) capaci di tessere e promuovere relazioni d’amore.
Andrea Pozzobon e Daniela Bruniera