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Educare in famiglia - 29

287. L’educazione dei figli dev’essere caratterizzata da un percorso di trasmissione della fede, che è reso difficile dallo stile di vita attuale, dagli orari di lavoro, dalla complessità del mondo di oggi, in cui molti, per sopravvivere, sostengono ritmi frenetici. Ciò nonostante, la famiglia deve continuare ad essere il luogo dove si insegna a cogliere le ragioni e la bellezza della fede, a pregare e a servire il prossimo. Questo inizia con il Battesimo, nel quale, come diceva sant’Agostino, le madri che portano i propri figli «cooperano al parto santo». Poi inizia il cammino della crescita di quella vita nuova. La fede è dono di Dio, ricevuto nel Battesimo, e non è il risultato di un’azione umana, però i genitori sono strumento di Dio per la sua maturazione e il suo sviluppo. Perciò «è bello quando le mamme insegnano ai figli piccoli a mandare un bacio a Gesù o alla Vergine. Quanta tenerezza c’è in quel gesto! In quel momento il cuore dei bambini si trasforma in spazio di preghiera». La trasmissione della fede presuppone che i genitori vivano l’esperienza reale di avere fiducia in Dio, di cercarlo, di averne bisogno, perché solo in questo modo «una generazione narra all’altra le tue opere, annuncia le tue imprese» (Sal 144,4) e «il padre farà conoscere ai figli la tua fedeltà» (Is 38,19). Questo richiede che invochiamo l’azione di Dio nei cuori, là dove non possiamo arrivare. Il granello di senape, seme tanto piccolo, diventa un grande arbusto (cfr Mt 13,31-32), e così riconosciamo la sproporzione tra l’azione e il suo effetto. Allora sappiamo che non siamo padroni del dono ma suoi amministratori premurosi. Tuttavia il nostro impegno creativo è un contributo che ci permette di collaborare con l’iniziativa di Dio. Pertanto, «si abbia cura di valorizzare le coppie, le madri e i padri, come soggetti attivi della catechesi […]. È di grande aiuto la catechesi familiare, in quanto metodo efficace per formare i giovani genitori e per renderli consapevoli della loro missione come evangelizzatori della propria famiglia».
 
Con il n. 287 inizia l’ultima breve sezione del capitolo VII di Amoris laetitia centrata sul trasmettere la fede in famiglia. Papa Francesco, pur sottolineando con forza la centralità della famiglia quale luogo prioritario di educazione alla fede, ci avverte che “la fede è dono di Dio […] e non è il risultato di un’azione umana, però i genitori sono strumento di Dio per la sua maturazione e il suo sviluppo”. 
Questa frase ci ha interrogato particolarmente: la fede (la fiducia) è un dono che siamo chiamati ad accogliere; non è un risultato della nostra azione di genitori. Noi però abbiamo la responsabilità di creare le condizioni affinché questo incontro, l’incontro con l’amore di Dio, sia possibile; accompagnando, accogliendo, aiutando a distinguere, sostenendo, guidando i nostri figli: “non siamo padroni del dono ma suoi amministratori premurosi”. Ma come? In fondo attraverso i piccoli gesti quotidiani; papa Francesco ci ricorda la dinamica del granello di senape: “il granello di senape, seme tanto piccolo, diventa un grande arbusto (cfr Mt 13,31-32), e così riconosciamo la sproporzione tra l’azione e il suo effetto”. È importante avere fiducia/fede che i nostri piccoli gesti di ascolto, di accoglienza, di riconoscimento permettono l’incontro con l’Amore/Gesù. Papa Francesco lo chiama “impegno creativo” dei genitori che, in questo modo, collaborano con l’iniziativa di Dio. Essere “soggetti attivi della catechesi familiare” significa, come genitori, accogliere per primi il dono della fede/fiducia; questa è la prima condizione per aiutare i nostri figli ad accoglierlo a loro volta.
Andrea Pozzobon e Daniela Bruniera