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Famiglia, cellula vitale per trasformare il mondo

«La persona che vive con noi merita tutto perché ha una dignità infinita, essendo oggetto dell’immenso amore del Padre» (323). Da questa citazione di Amoris Laetitia risulta chiaro che la dignità della persona non si regge sulle capacità personali o sulle qualità morali o estetiche. La ragione della dignità di una persona non sta in lei, ma sta nel fatto che Dio ha deciso di amarla senza condizioni. 
Di qui si comprende meglio che cosa sia uno sguardo autenticamente spirituale: non uno sguardo astratto, che sostituisce l’altra persona con un ideale, ma uno sguardo concreto, che cioè si dispone a vedere l’altro in verità, cioè come lo vede Dio, dal punto di vista dell’amore. È uno sguardo spirituale perché può accendersi solo come frutto della relazione di confidenza con il cuore di Dio.
Lo sguardo spirituale fa sì che fiorisca «la tenerezza, in grado di suscitare nell’altro la gioia di sentirsi amato» (323). La gioia di cui si parla qui è anch’essa spirituale. Quando infatti sentiamo di essere amati da una persona, «in particolare nel suo volgersi con attenzione squisita ai nostri limiti, specialmente quando emergono in maniera evidente» (323), avvertiamo che l’esperienza gustosa e grata dell’amore umano, pur se limitata e fragile, ci comunica l’eco ben più profondo dell’amore divino che ci porta a conoscere la nostra verità: sono amato immensamente da Dio! Per questo sono degno d’amore e anch’io posso amare.
Nell’amore familiare, dunque, ciascuno – coniuge, figlio o fratello – scopre la sua vera identità di figlio amato da Dio, impara a conoscere la sua dignità e la sua capacità di donare: «Sotto l’impulso dello Spirito, il nucleo familiare non solo accoglie la vita generandola nel proprio seno, ma si apre, esce da sé per riversare il proprio bene sugli altri, per prendersene cura e cercare la loro felicità» (324).
Il papa mette in evidenza un modo di prendersi cura tipicamente familiare, cioè l’ospitalità, attraverso cui la famiglia diventa «simbolo, testimonianza, partecipazione della maternità della Chiesa». 
La famiglia ha una sua spiritualità specifica, cioè un suo modo proprio di essere nel mondo presenza attiva dello Spirito. Ciò che «unifica il senso spirituale della famiglia» è, secondo il papa (324), «l’amore sociale. Questa affermazione da un lato toglie terreno a qualsiasi spiritualità intimista, che si risolve nella relazione individuale io – Dio, ma senza gli altri, ad uso del proprio benessere psichico o morale. Il fulcro infatti è l’amore sociale. Dall’altro toglie campo ad ogni possibile divisione o contrapposizione tra fede e promozione umana. Infatti l’amore sociale, dice al n. 324, è «riflesso della Trinità» in quanto Dio in se stesso è amore delle tre Persone, relazione di piena comunione. Non c’è spiritualità sottraendosi a concreti legami. Lo stesso concetto è espresso in altro modo, sempre al n.324, affermando che «la famiglia – per come essa vive ed è strutturata – rende presente il kerygma», o annuncio fondamentale «con tutte le sue esigenze comunitarie». 
In famiglia, la vita di ciascuno prende vita dall’amore degli altri e, insieme, ci si prende cura del legame che ci unisce. In questo modo facciamo gradualmente esperienza della qualità pasquale dell’amore: amare, infatti, comporta sempre un consegnarsi, un ‘morire a se stessi’, per risorgere ogni volta più simili all’Amore, accompagnati e sostenuti dalla Grazia di Cristo, che lo rende possibile. 
Ecco perché la famiglia «rende presente il kerygma»: “Gesù Cristo, figlio di Dio, è morto ed è risorto per noi”, annuncio capace di «trasformare il mondo». 
Don Tiziano Rossetto