Si racconta nella Genesi la storia di due giovani al tempo del loro innamoramento. “Labano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele. Lia aveva gli occhi smorti, mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto, perciò Giacobbe amava Rachele” (Gen 29, 16-17). Giacobbe è colpito dalla bellezza di Rachele rispetto a Lia, ma più in profondità legge il sogno, il progetto di Dio per lui e, per entrambi, vi vede la promessa di un futuro radioso.
I nostri desideri di felicità però non vanno sempre nella direzione che noi auspichiamo. Come dire: le promesse di Dio non seguono vie lineari e pacifiche. Infatti lo zio Labano è un uomo spregiudicato. Appellandosi ad una vaga norma locale, inganna l’ingenuo Giacobbe e mentre questi ha chiesto la mano di Rachele, la prima notte di nozze Labano “gli mette nel letto” (col favore del buio) la primogenita Lia! Giacobbe è incastrato: ha promesso sette anni di lavoro in cambio di una moglie e ora Labano gliene chiede altri sette per potersi prendere Rachele, l’unica che ama. A parte il fatto che la bigamia non ci appartiene, il testo nel proseguo ci fa capire i sentimenti di queste due sorelle: una amata dal marito come non mai, l’altra tenuta per contratto nel proseguo della vicenda.
Di più: Lia ha ben quattro figli, mentre Rachele non riesce ad averne e minaccia addirittura il suicidio per questa delusione. E le liti continuano non senza violenza in una casa in cui un solo uomo deve dividersi fra diverse mogli. Dio poi si ricorda, alla fine, di Rachele che, immaginiamo con immensa gioia, dà alla luce un figlio predestinato a cose grandi: Giuseppe. In aggiunta a tutto ciò c’è pure da dire che Giacobbe ha dei conti in sospeso con il fratello Esaù. La lotta notturna con Dio (Gn 32, 23-33) è un episodio che lo segna indelebilmente nel corpo, lo lascia letteralmente “sciancato”, ma libero dal peso della colpa, capace di “far passare” tutta la sua famiglia dall’altra parte, di voltare pagina. Ha visto faccia a faccia il Signore ed è rimasto in vita: ora può riconciliarsi col fratello che, inaspettatamente, lo perdona, gli si getta al collo, lo bacia, piange di commozione.
Noi, Liliana e Antonio, ci siamo sentiti ispirati dalla storia d’amore di Giacobbe e Rachele perché anche noi abbiamo combattuto con tenacia contro situazioni familiari avverse. Ci siamo incontrati nel 1993 e dopo numerosi ostacoli finalmente ci siamo sposati il 18 Maggio 2002. Abbiamo difeso con forza il nostro amore di fronte a molte minacce e alla sfida della lontananza. In un certo senso anche noi abbiamo combattuto con Dio. Il nostro amore è stato un inseguire una promessa che ci eravamo fatti, sin dall’inizio, la nostra promessa, quella di realizzare una famiglia. Come Giacobbe incontra Rachele nella terra d’origine della madre, anche noi ci conosciamo in Sicilia. Terra originaria dei nostri genitori. Antonio, di Roma e Liliana della provincia di Venezia, un colpo di fulmine avvenuto a fine estate nella bella e romantica Taormina. Insieme ci sentivamo nella pace e nella gioia, ci sentivamo a casa. Capimmo subito che il nostro incontro era stato voluto dal cielo. Fu un incontro breve (un solo giorno), ma nel cuore c’era il forte desiderio di credere e di costruire questo amore; motivo per cui dopo 4 anni di viaggi continui Roma-Venezia, decidemmo di convivere a Roma, città natale di Antonio.
Passarono i giorni e non tardarono a manifestarsi i conflitti familiari dalla parte di Antonio. Questi dovuti a divergenze di mentalità, diversità di carattere e promesse non mantenute, tutto ciò ci allontanava sempre di più dalla realizzazione di quella “promessa d’amore”, dalla realizzazione della nostra famiglia. Si pensò allora di lasciare Roma e trasferirci in provincia di Venezia, dove almeno il lavoro dava finalmente soddisfazione per tutti e due, e finalmente si intravedevano i giusti presupposti per coronare in nostro sogno d’amore. Ma!… anche qui, i dardi infuocati non mancarono. Problemi di salute dei genitori e conflitti fraterni ci misero in grande difficoltà e i dispiaceri, i dolori, non ci furono risparmiati.
Ma dopo tutte queste lacrime, disperazione e sofferenza ci fu un miracolo. Acquistammo con l’aiuto di Dio la consapevolezza che senza di lui non avremmo potuto farcela. Non da soli, non con le nostre sole forze. Ci siamo arresi. Abbiamo avuto la grazia di capire che senza la presenza del Signore nella nostra vita non avremmo mai realizzato nulla. Nel rinnovato cammino di fede è nata la decisione di sposarci in Chiesa, chiedendo a Dio un’alleanza, e cioè di benedire e proteggere oltre che realizzare la nostra promessa d’amore. Da quel momento la nostra vita diventò leggera, perché Gesù si era caricato i nostri pesi e la nostra promessa è diventata anche la sua “promessa d’amore”.