Article

Leggi gli altri articoli
Leggi gli altri articoli

Il cammino dell’amore: tra dono e promessa.

Con questo intervento si conclude la rubrica di spiritualità coniugale in Amoris Laetitia iniziata nel febbraio 2020.
Il n. 325, che conclude l’esortazione apostolica, ci aiuta a posare gli occhi all’orizzonte della nostra esperienza terrena per mettere a fuoco la meta del cammino, a cui il testo si riferisce con i termini «pienezza di amore e di comunione». La meta, indicata con queste espressioni, non ci è estranea: siamo infatti creati ad immagine di un Dio che è comunione d’amore personale, e dunque portiamo in noi, nel nostro corpo e nella nostra struttura psicoaffettiva, l’aspirazione e la vocazione a compierci come uomini e donne in quella stessa comunione d’amore, crescendo insieme nella carità coniugale. Se, in questo senso, la ‘meta’ è già stata donata a noi come un seme creaturale, dall’altro, dice il papa, «c’è una chiamata costante che proviene dalla comunione piena della Trinità, dall’unione stupenda tra Cristo e la sua Chiesa, da quella bella comunità che è la famiglia di Nazareth e dalla fraternità senza macchia che esiste tra i santi del cielo». 
Questo significa che la comunione d’amore per cui siamo fatti e che nell’intimo desideriamo, è viva e ci attrae con la sua pienezza, rivelata e resa accessibile a noi in Cristo che ama la Chiesa e si offre per lei (EF 5). La vicenda di ogni coppia di sposi si colloca così tra dono e promessa, in un «graduale sviluppo della propria capacità di amare». Se questa conclusione può sembrare poco concreta, il papa fa notare che, «contemplare la pienezza che non abbiamo ancora raggiunto, ci permette di relativizzare il cammino storico che stiamo facendo come famiglie, per smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una purezza di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno definitivo». Questo è davvero liberante perché smonta le pretese su noi stessi e sul coniuge e consente a tutti di «tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti».
Se tutti sono chiamati a crescere nell’amore, allora siamo tutti fratelli e compagni di strada: le coppie che vivono il loro amore nel sacramento e le coppie che vivono «in condizione di grande fragilità» e che «molte volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti» (AL 37).
L’esortazione si conclude con l’invito rivolto a tutte le famiglie, così come sono: «Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare!»; «ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante» perché «quello che ci viene promesso è sempre di più».
Qui il papa suggerisce l’autentico atteggiamento spirituale: non la triste ricerca di adeguarsi ad un ideale di perfezione da raggiungere con i propri sforzi, ma l’attesa gioiosa, creativa e audace della maturazione nell’amore che ci è promessa e che si è già compiuta in Gesù, primizia di ogni vita compiuta nell’amore, e nella famiglia di Nazareth. 
Dunque, conclude il papa al n. 325, «non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» 
Don Tiziano Rossetto