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Il Mistero dell’Amore

“La mia vigna, proprio mia, mi sta davanti” Ct 8

Il Cantico termina con questi ultimi versetti del capitolo 8. Certo che a prima vista, o a una lettura fugace non meditata, queste parole suonano al quanto enigmatiche, misteriose; ma in fondo non è forse enigmatico e misterioso il nostro Dio, che si svela un po’ alla volta nelle parole, negli incontri, negli eventi? L’amore è misterioso, si svela a chi lo cerca senza pretese con cuore semplice ed accogliente. In tutto il Cantico si celebra il mistero dell’Amore, l’amore che è travolgente e brucia come la fiamma ardente, “Vampe di fuoco, una fiamma divina”, (Ct 8, 6), l’amore che è ricerca, felicità ma anche attesa, sofferenza, assenza. Il Cantico è una meravigliosa antologia di brani amorosi, che descrivono le vicende di due amanti che vedono in loro l’Amore in azione senza mai riuscire a dire che cos’è. Mi tornano in mente i versi di una canzone di Angelo Branduardi: “L’uso dell’amore” che esprime bene questo pensiero: “Dicono che c'è, dicono com'è, senza dire mai cosa ne puoi fare. Dicono dov'è, dicono quand'è, ma è un mistero in sé l'uso dell'amore. Dicono di te, dicono di me e non sanno che, io lo imparerò da te, tu lo imparerai da me”

Ecco qui, l’amore si vive imparandolo, e si impara vivendolo con la variante che, se si presta attenzione, in esso si può conoscere Dio. Questa è la bella avventura di due sposi che si sono decisi l’un per l’altra. È un’avventura nell’amore che ha inizio nella scintilla potente dell’innamoramento, che apre la volontà di donarsi all’altro, in sè porta una promessa nel desiderio di unirsi all’altro/a e che questo non abbia fine. Giorno dopo giorno si cresce e l’amore fa crescere. Come la piccola sorella del versetto 8: “Una sorella piccola abbiamo, e ancora non ha seni. Che cosa faremo per la nostra sorella nel giorno in cui si parlerà di lei?”. (“Dicono di te, dicono di me …”). Si esprime tutta la preoccupazione per una giovane poco meno che adolescente, pensando a quando sarà più grande e attirerà gli sguardi dei suoi coetanei maschi, si parlerà di lei come una donna. La si vorrebbe proteggere, “Se fosse un muro le costruiremmo sopra una merlatura … se fosse una porta, la rafforzeremmo …” perché se anche donna a tutti gli effetti, ai nostri occhi è sempre piccola e indifesa, con la pretesa di decidere per lei il suo futuro, il contrasto tra quel che si crede di vedere e la realtà: “Ancora non ha seni… i miei seni come torri”. Ma la giovane si ribella, il Cantico ha il coraggio di dire anche a noi chiesa, che l’amore non si rinchiude, non si nasconde occultandolo. La fanciulla dice con fierezza: “Io sono un muro, e i miei seni sono come torri!” Non sono più come voi mi vedete, non più piccola e indifesa. Vivo la mia indipendenza, ho già tutto quello che mi serve per inoltrarmi nel mistero dell’amore, che chiede di essere vissuto non platonicamente ma meravigliosamente radicato nella concretezza della corporeità umana, tempio dello Spirito Santo. Come la giovane amante del Cantico, anche noi siamo chiamati a capire che l'amore libera, l'amore valorizza, fa crescere, fa accettare responsabilità. Chi ama sa vedere nel coniuge tutte le qualità che gli altri non vedono. È per questo che l'amore stimola la persona a crescere, a maturare la fiducia in se stessa, ad uscire da sè per far spazio all’altro/a, a realizzarsi come persona e aiutare affinchè anche l’altro/a si realizzi. Proprio come fa Dio con noi, nel suo amarci profondo ci chiama a progredire, a crescere vivendo tra noi Lui stesso che è Amore.

Egli affidò la vigna ai custodi” In questi custodi si possono scorgere i due sposi. Come in Genesi 2,11: “Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.” Essi sono i custodi e la vigna è l’Amore. Essi la custodiscono, la curano, la nutrono, la fanno crescere perchè sia feconda e porti vita, porti felicità, senso di bellezza a quanti le si avvicinano. “La vigna mia, proprio mia, mi sta davanti”. Ma i due sono anche vigna l’un per l’altro, è l'impegno e la fiducia nel vivere intensamente giorno dopo giorno, ogni momento presente, vivendo profondamente la vita con Carità senza lasciarsi vivere dagli eventi, ma sostenendosi a vicenda nei momenti di bassa marea che prima o dopo ci possono essere. “La mia vigna, proprio mia …” C’è dello stupore e incredulità qui, in queste parole di constatazione e presa di coscienza. Si, proprio a me è stata affidata questa creatura che è mia solo perché c’è Qualcuno che me l’ha data, donata perché io la possa a Lui riportare più bella e fiera, perché figlia per Lui preziosa e amata. Il dono meraviglioso attraverso il quale Dio stesso mi ama, si prende cura di me, mi fa provare la felicità dell’esistenza perché io possa viaggiare sulla terra “simile a gazzella” e assaporare l’ebbrezza e il profumo dei balsami che trovo sulle alture dell’amore. A Dio piacendo, auguriamo a tutti voi tutto ciò. Pace.
Lorella e Bruno Nardin