Per spiegare in cosa consista il sacramento del matrimonio, Amoris laetitia dedica un capitolo intero all’Amore nel matrimonio, il quarto: «Tutto quanto è stato detto», ossia il capitolo precedente sul sacramento del matrimonio, «non è sufficiente ad esprimere il vangelo del matrimonio e della famiglia se non ci soffermiamo in modo specifico a parlare dell’amore» (89). Può sorprendere che per parlare della sacramentalità del matrimonio il punto iniziale scelto non sia “il progetto di Dio sulla coppia” ma l’approfondimento dell’esperienza dell’amore. Il capitolo quarto, infatti, inizia dedicando una parte a “Il nostro amore quotidiano”, che, come si nota dal titolo, punta immediatamente all’esperienza che ogni coppia o famiglia fa dell’amore. Questi primi numeri sono un commento all’inno alla carità di San Paolo (1Cor 13,4-7), ossia una delle letture che molti sposi scelgono per la messa del matrimonio. In questo modo, il Papa prende sul serio la loro scelta e commenta ogni espressione dell’inno paolino a partire dall’esperienza quotidiana dell’amore in famiglia. Riesce così a creare un intreccio: l’esperienza dell’amore familiare permette di comprendere meglio il senso delle parole di San Paolo e allo stesso tempo le parole dell’inno aiutano ad andare in profondità e far crescere l’amore che si vive. Ad esempio, a proposito dell’espressione “senza vantarsi o gonfiarsi”, l’esortazione afferma: «Chi ama, non solo evita di parlare troppo di se stesso, ma inoltre, poiché è centrato negli altri, sa mettersi al suo posto, senza pretendere di stare al centro» (97). Poi commenta: «E’ importante che i cristiani vivano questo atteggiamento nel loro modo di trattare i familiari poco formati nella fede, fragili o meno sicuri nelle loro convinzioni. A volte accade il contrario: quelli che, nell’ambito della loro famiglia, si suppone siano cresciuti maggiormente, diventano arroganti e insopportabili» (98). La scelta di approfondire il significato della sacramentalità del matrimonio a partire dall’esperienza dell’amore quotidiano può essere una provocazione a pensare alla modalità in cui proponiamo e parliamo del sacramento del matrimonio