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La circolarità del bene

Proviamo a riproporre il tema sinodale relativo alla povertà che la Chiesa trevigiana pone a se stessa in relazione alla famiglia: come la famiglia cristiana vive l’accoglienza delle diverse forme di povertà (materiali, sociali, relazionali, spirituali) che incontriamo nella quotidianità?
La prima riflessione che viene spontanea riguarda le povertà all’interno della famiglia: non mi pare si possa vedere nella concretezza delle coppie che conosciamo qualche caso idilliaco di relazioni splendide, di condizioni di vita risolte, di assenza di alcun problema. Anzi, ordinariamente e a cominciare dalla propria esperienza non possiamo fare altro che constatare la povertà materiale, sociale, relazionale e spirituale che vivono le famiglie. Partendo dal presupposto che tutti noi abbiamo bisogno del sostegno degli altri, ecco che l’accoglienza delle diverse forme di povertà parte dalla condivisione delle proprie cose e delle proprie relazioni. Mi vengono in mente i vasi comunicanti: noi, che come vasi conteniamo le nostre povertà come le nostre ricchezze, veniamo collegati ad altri vasi e possiamo mescolarle o meglio condividerle. In questo incontro però avviene l’imprevisto, la carità che possiamo esprimere viene accresciuta esponenzialmente da Dio come nel miracolo della moltiplicazione dei pani e la Comunità si arricchisce di ogni “ben di Dio”. Pensavamo di essere noi a dare e ci accorgiamo che abbiamo ricevuto molto di più. Nelle mille forme di carità che la famiglia può esprimere lo stile è probabilmente l’attenzione più importante da avere: sul punto San Paolo è molto chiaro e diretto dato che i cristiani sono esortati a donare con semplicità (Rm 12, 8) e ad esercitare la carità senza ipocrisia, detestando il male e attaccandosi al bene (Rm 12, 9).
La famiglia che ha bisogno della Comunità per l’educazione dei figli, per trovare relazioni significative, per la propria formazione, per vivere tempi di spiritualità e spesso anche per superare le difficoltà materiali che incontra, può essere la stessa famiglia che si mette in gioco nelle attività catechistiche, che si impegna nella liturgia, che collabora con i sacerdoti per sostenere la vita della parrocchia e quando può per condividere la propria ricchezza materiale con chi ha bisogno. Si realizza una circolarità di bene nella quale si dà e si riceve, si aiuta e si viene aiutati.
Appartenere alla Comunità dando e ricevendo tempo e vita è probabilmente il modo migliore per vivere il tempo che Dio ci dona.
Carlo Casoni