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La sfida delle relazioni fraterne

Le attuali comunità cristiane derivano tutte da una prima scelta di Gesù che all’inizio della sua predicazione costituì una prima comunità di apostoli e di discepoli. Così alla Pentecoste, gli stessi apostoli vennero investiti dallo Spirito Santo e dopo due millenni eccoci qua. Già allora all’interno di queste minuscole strutture emerse la necessità di riconoscere dei ruoli, di organizzare gli appuntamenti formativi e celebrativi, di affrontare le necessità delle famiglie, di prendere delle decisioni a nome della comunità tutta. Sottolineo due importanti elementi di questo percorso comunitario che valgono anche oggi: la prima è la novità del vangelo ovvero l’ordine di Gesù di amarsi incondizionatamente con lo stile che egli ha vissuto ed indicato; la seconda è un esplicito senso di appartenenza alla comunità che coinvolge intere famiglie e che viene espresso dalla vita in comune nelle celebrazioni e nella condivisione del cibo e dei beni. San Paolo (Rm 12,4-5) sintetizza questa nuova comunità con l’analogia del corpo: abbiamo molte membra e non tutte hanno la medesima funzione, così anche noi che siamo un solo corpo in Cristo siamo membra gli uni degli altri, ciascuno per la sua parte. E oggi? Ognuno di noi, sacerdoti e laici, da bambino ad anziano, partecipa alle diverse manifestazioni della comunità cristiana con le proprie caratteristiche e il proprio essere. La comunità, che vuole essere una famiglia di famiglie, vive le stesse dinamiche della famiglia e quando il singolo partecipa a un momento comunitario non è un libero battitore ma partecipa con il suo presente di coniuge, genitore, figlio. Anche i componenti dei consigli consultivi che si affiancano al parroco o al Vescovo nella guida della parrocchia o della diocesi fanno parte di una famiglia e questa loro caratteristica arricchisce e completa il dialogo tra tutti i componenti della Chiesa. Se poi sono presenti entrambi gli sposi si ha la moltiplicazione di questo contributo. Ad altri livelli ci sono ulteriori organismi di partecipazione e gruppi operativi che compongono una struttura complessa in quanto espressione di una grande e complicata comunità che ha raggiunto dimensioni planetarie. Il Sinodo voluto dal Papa per tutta la chiesa cattolica chiede a tutti noi di vivere relazioni fraterne da cristiani e di superare anche in questi organismi una modalità di partecipazione solo funzionale, di servizio. Nella Fratelli tutti (cap. 2) Papa Francesco ci spiega in maniera magistrale che la fraternità è quella del buon Samaritano che si prende cura dell’altro e delle sue fragilità. Nel capitolo successivo pone l’accento sulla famiglia cristiana come modello di riferimento per tutte le relazioni umane perché la famiglia è “il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro” (n. 114).
Carlo Casoni