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Lavoro e famiglia - Sesta Riflessione

La nostra riflessione sul tema “Lavoro e famiglia” si sta avvicinando alla conclusione. Nello scorso inserto avevamo tratto delle conclusioni sul valore della coppia e del sacramento del matrimonio, lanciando una provocazione finale sulla attuale situazione. Riportiamo ora qual è l’obiettivo più pragmatico delle dottrina sociale della Chiesa circa il lavoro. La sintesi forse si legge in LE 26.

Nel contesto di una tale visione dei valori del lavoro umano, ossia di una tale spiritualità del lavoro, si spiega pienamente ciò che nello stesso punto della Costituzione pastorale del Concilio leggiamo sul tema del giusto significato del progresso: «L'uomo vale più per quello che è che per quello che ha. Parimente tutto ciò che gli uomini fanno per conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la materia alla promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo ad effettuarla».

Tale dottrina sul problema del progresso e dello sviluppo - tema così dominante nella mentalità moderna - può essere intesa solamente come frutto di una provata spiritualità del lavoro umano, e solamente in base a una tale spiritualità essa può essere realizzata e messa in pratica.

Questa è la dottrina, ed insieme il programma, che affonda le sue radici nel «Vangelo del lavoro».”.

La spiritualità del lavoro, il “Vangelo del Lavoro”, se correttamente intesi, orientano il lavoro.

La nostra tesi alla luce di quanto sopra è semplice:
Il lavoro è mezzo di promozione e redenzione ma è il matrimonio (non solamente esso ma in maniera fondamentale ed eminente) che ne custodisce il senso e che è capace di inverarlo. La promozione della famiglia è il fine.
Il matrimonio può offrire una corretta via per la spiritualità del lavoro, per il “Vangelo del lavoro” che non ha senso di esistere a prescindere dal “Vangelo della vita” perché è ad esso intenzionato e con esso collegato in principio.
Resta però il problema – ora davvero cruciale e drammatico – di attuare questo piano.

Facciamo solo alcune proposte – in punta di piedi – pseudo operative. Più per lavorarci che per asserirle.

Per la nostra educazione
Dobbiamo attivarci per riflettere e discernere su questo tema in rete con altre famiglie. Il paradigma è quello che abbiamo posto. Matrimonio come fonte ispiratrice.
Non dubitiamo che nella riflessione, e nella preghiera, lo Spirito saprà fornire risposte e soluzioni.
Di più … saprà ispirare sul tema ogni singola coppia che potrà così dare un apporto unico e personale, potrà essere veicolo della provvidenza dello Spirito.
Davvero ad ognuno di noi lo Spirito può ispirare la risposta per quella situazione concreta, per i nostri vicini di casa, per la nostra situazione lavorativa, etc.
Una risposta concreta, che cresce-con noi, reale, pratica.

Per l’educazione dei figli (e la nostra)

E’ importante sorvegliare quale educazione sul lavoro (sulla gestione dell’economia) stiamo dando ai nostri figli ma più in generale alle coppie/giovani che animiamo, ai bambini cui facciamo catechismo, ai genitori che incontriamo per il corso battesimo, ai nostri vicini, ai nostri colleghi, ai nostri dipendenti, etc.
Dobbiamo sorvegliare che – attenzione succede normalmente appunto perché diamo per scontata la divisione fra lavoro e fede, lavoro ed essere sposi cristiani – nei nostri rapporti non si avverta la dicotomia, la divisione che abbiamo esposto all’inizio.
Vogliamo davvero educare (i nostri figli ad esempio) ad un lavoro cristiano e nuziale? Siamo disposti al rischio o abbiamo paura che la società li distruggerà?
Ma chiediamoci anche … che società/economia abbiamo lasciato ai nostri figli? E’ facile gioco per noi dire che il modello economico/lavorativo attuale sta segnando tutti i suoi imiti.
Quando educhiamo su come comportarsi al lavoro, cosa dobbiamo dire ai nostri figli (colleghi, etc. vedi lista sopra)?
Questo è un punto cruciale, e anche questo articolo si chiude con delle domande, diciamo un po' provocatorie.
I nostri figli (colleghi, etc. vedi lista sopra) ci vedono per la maggior parte del tempo al lavoro. Che significato diamo a questo tempo, al lavoro? E’ innervato della stessa logica che vorremmo ci fosse in famiglia?

Paolo Moro