Article

Leggi gli altri articoli
Leggi gli altri articoli

Lavoro e famiglia - Terza Riflessione

Nello scorso inserto abbiamo concluso l’articolo citando il capitolo 1 di Genesi che narra della creazione dell'uomo/donna, alla loro benedizione e quindi all’attribuzione dei “compiti” loro affidati.
Già qui possiamo sottolineare il “loro”. I compiti sono affidati alla coppia, non ad uno solo dei due.
Possiamo affermare (lo dice il testo) che quest'opera (ossia la creazione dell’uomo/donna ed il lavoro loro affidato) viene complessivamente valutata da Dio come “cosa molto buona”.
I compiti dell'uomo/donna sono presentati in solido con il loro stesso essere al mondo.
Prima di tentare una ermeneutica del testo letto fermiamoci a riflettere su questo primo dato della Scrittura (ripreso anche dai testi magisteriali LE e CV).
Ripetiamo: la creazione dell’uomo/donna è in “solido” con il lavoro/gestione del creato. Con l’economia.
Non solo … proprio all’uomo/donna Dio affida l’economia, la buona gestione del creato.
Confrontiamo ora questo dato con la nostra esperienza.
Il “mondo” propone questo modello come progettato in principio da Dio? Oppure non ci sembra ormai scontato che il lavoro e la coppia/matrimonio/famiglia non abbiano alcun legame fondativo?
Certamente pochi modelli economici nascono su questo presupposto. Sembra pazzesco solo pensarlo.
Ma, di fatto, noi accettiamo come scontato e “naturale” che il lavoro segua le sue[1] logiche (di profitto, di scambio, etc.) ma la maggior parte delle volte non sono logiche nuziali e neanche cristiane.
Ci sembra che la divisione/separazione fra il piano divino e la realtà attuale, che abbiamo assunto acriticamente, possa definirsi come un’eresia[2] seppure inconscia. 
Certamente esiste una profonda “dicotomia” fra la logica del lavoro e la logica della coppia/famiglia (nuziale).
Quindi a parer nostro “Matrimonio e Lavoro” non sono realtà fra loro scollegate ma “sostanzialmente” unite. Fondativamente unite.
La “divisione” di queste due realtà comporta errore nella loro valutazione (è un sovvertimento del piano divino) ed in particolare comporta confusione circa il senso del lavoro umano.
In ultima analisi crediamo che il matrimonio sia una fonte necessaria per affrontare la correttamente la questione del lavoro.
Quest’ultima affermazione – se giudicata veritiera – ha una portata notevolissima per tutta la società.
Arrivederci al prossimo numero e, come sempre, rimaniamo in attesa di vostre considerazioni.


[1] Certamente il lavoro in sé non ha logiche proprie ma imposte. Da chi e con quale ispirazione?
[2] Eresia etimologicamente significa “scelta” quindi non un processo necessario ma volontario. “Sotto il profilo giuridico ed ecclesiastico, eretico è definito colui che, dopo il battesimo, e conservando il nome di Cristiano, ostinatamente si rifiuta o pone in dubbio una delle verità che nella fede divina e cattolica si devono credere“ - Karl Rahner – “Che cos'è l'eresia?” – pag. 29.
Paolo Moro