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Sfide Pastorali 17

Ci stiamo avvicinando alla conclusione del capitolo 6 di Amoris laetitia e Papa Francesco, ancora una volta, dimostra di avere uno sguardo realista, anche se innamorato, sulla famiglia, presentando le crisi che attraversano tutte le famiglie, tutte le persone…

È bene riportare, quasi integralmente, il paragrafo perché illustra limpidamente ciò che teme il Santo Padre e cioè che non ci sia più la capacità di superare le crisi: “Non si vive insieme per essere sempre meno felici, ma per imparare ad essere felici in modo nuovo, a partire dalle possibilità aperte da una nuova tappa. Ogni crisi implica un apprendistato che permette di incrementare l’intensità della vita condivisa, o almeno di trovare un nuovo senso all’esperienza matrimoniale. In nessun modo bisogna rassegnarsi a una curva discendente, a un deterioramento inevitabile, a una mediocrità da sopportare. Al contrario, quando il matrimonio si assume come un compito, che implica anche superare ostacoli, ogni crisi si percepisce come l’occasione per arrivare a bere insieme il vino migliore.” (AL 232)

La parola “crisi” da sempre genera preoccupazione, allarme, angoscia, l’idea che qualcosa di peggiorativo stia succedendo o succederà nelle nostre vite. Ma l’etimologia della parola deriva dal latino “crisis” e dal greco “krisis”, ossia “scelta”, “decisione”. Quindi, “crisi” sta per necessità di decidere, di scegliere, con coraggio! 

Di questo Papa Francesco ne è acceso sostenitore ed invita, con forza, ad accompagnare questi coniugi in difficoltà, a non lasciarli soli. Di grande importanza è, per il Santo Padre, la presenza di coniugi formati che sappiano aiutare a discernere e anche “decomprimere” le crisi. Molte volte le relazioni si interrompono perché si è sicuri che nessun altro sta vivendo le stesse difficoltà, che pochi possano capire l’angoscia di non essere ascoltati e si tende a nascondere i problemi, a negarli o a ridurre la loro importanza.

Ma questo, inevitabilmente, porta ad aumentare il peso dell’incomprensione, della fatica che rende ancora più difficile il rapporto con gli altri, impedendo di comunicare. 

Uno dei problemi, sostiene il Papa, è proprio questo: se non si impara a farlo, se non ci si abitua a farlo, fin da fidanzati, nei tempi di calma, quando il parlare, il dialogare è più facile ed immediato, come si può pretendere di confrontarsi nel dolore?

E, a poco a poco, la persona amata diventa una estranea, una “madre dei miei figli” piuttosto di “un uomo che mi accompagna”. Ancora una volta l’appello vibrante di Francesco si fa sentire: non lasciamo sole le coppie, non diamo l’impressione di giudicarle o farle sentire lontane dalla Chiesa, ma avviciniamole, ascoltiamole, non ignoriamo il grande carico di dolore e di angoscia.

Paolo Moro