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Spiritualità dell’amore esclusivo e libero

Continuando a scorrere insieme il capitolo 9 dell’Amoris Laetitia, il paragrafo costituito dai nn 319-320 è titolato: «Spiritualità dell’amore libero ed esclusivo». ‘libero’ ed ‘esclusivo’, vengono percepiti dalla sensibilità attuale vengono come termini tra loro in tensione. L’amore autentico, infatti, sarebbe quello ‘libero’ di seguire l’ispirazione del momento, senza vincoli all’espressione della sua vitalità che la parola ‘esclusivo’ sembra invece richiamare.
In realtà, un amore che non si vincola in modo stabile con l’amato, diventando in tal modo esclusivo, «non arriva mai a presentarlo alla società come degno di essere amato incondizionatamente» (132).
Amoris Laetitia (AL) riconosce che «impegnarsi con un altro in modo esclusivo e definitivo comporta sempre una quota di rischio e di scommessa audace» (132), «però promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata» (124). 
La fedeltà è dunque una possibilità donata da Dio, radicata nel dono del Battesimo e, in modo specifico, nel matrimonio, attraverso cui Cristo ha reso gli sposi partecipi del suo stesso modo di amare, libero, unico e indissolubile. Si apre per loro una possibilità prima impensabile: amarsi con l’amore e la fedeltà di Dio. 
In questo senso, precisa AL, la fedeltà è autenticamente spirituale. Se invece «si trattasse solo di una legge vissuta con rassegnazione», la fedeltà «non avrebbe significato spirituale» (319).

La fedeltà di Dio non è un’idea astratta, ma ha assunto un corpo, il corpo del Figlio di Dio incarnato, Gesù. Egli intrattiene relazioni di profonda condivisione e amicizia in cui è possibile assaporare che cosa significhi essere figli amati da Dio. Gesù porta a compimento la sua vita esprimendo l’amore indissolubile di Dio attraverso il suo corpo, offerto a tutti gli uomini fino alla morte in croce. 
La fedeltà di Dio continua ad essere donata in modo particolare agli sposi e in loro si manifesta in modo singolare. Possiamo dire che la fedeltà di Dio prende corpo nei corpi degli sposi che «assumono la sfida e l’anelito di invecchiare e consumarsi insieme» (319). Le parole ‘invecchiare’ e ‘consumarsi’, fanno riferimento alla concretezza dell’esserci nel corpo e nel tempo, e proprio così «riflettono la fedeltà di Dio», scegliendo di «appartenere completamente ad una sola persona». 
Il “sì” del matrimonio «significa dire all’altro che potrà sempre fidarsi, che non sarà abbandonato se perderà attrattiva, se avrà difficoltà o se si offriranno nuove possibilità di piacere o di interessi egoistici» (132). 

La «ferma decisione» di appartenersi «è una esigenza interiore del patto d’amore coniugale, perché colui che non si decide ad amare per sempre, è difficile che possa amare sinceramente un solo giorno» (319). Questa affermazione si radica nella convinzione che l’amore, per sua stessa natura, non ha limiti: «La carità, in ragione della sua natura, non ha un limite di aumento, essendo essa una partecipazione dell’infinita carità, che è lo Spirito Santo» (134). Questo è particolarmente evidente nel “patto d’amore coniugale”: «nella stessa natura dell’amore coniugale vi è l’apertura al definitivo. L’unione che si cristallizza nella promessa matrimoniale per sempre, è più che una formalità sociale o una tradizione, perché si radica nelle inclinazioni spontanee della persona umana» (123), creata ad immagine dell’Amore. 
D’altra parte, possiamo anche affermare che l’amore tra un uomo e una donna svela, a poco a poco, il suo carattere coniugale, mano a mano che emerge l’appello potente ad offrirsi nella propria totalità all’altra persona per sempre. Quando tale appello al tutto e per sempre incontra nel volto dell’altro spazi promettenti di reciprocità, l’amore coniugale comincia a prendere forma e consistenza. E i due cominciano a riconoscere il loro amore come frutto e promessa della grazia di Dio. Per grazia, «il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano» (70).
Don Tiziano Rossetto